giovedì 16 gennaio 2014

Fenomenologia dell'au pair.

Come ho già avuto modo di scrivere siamo alla nostra settima esperienza con ragazze alla pari.
Abbiamo iniziato più di quattro anni fa quando i bimbastri erano decisamente piccoli (JF era appena nato). L'inizio è stato abbastanza difficoltoso, eravamo in una situazione delicata e chiaramente la ricerca doveva essere approfondita e mirata. Poi la Numero Uno è entrata nella nostra vita e man mano i dubbi si sono dissolti. All'epoca non conoscevamo nessuno che portasse avanti questa scelta per cui non abbiamo mai potuto confrontarci con altre persone.
Ora le cose sono cambiate: esiste una buona rete di Host family (devo dire che a Torino siamo particolarmente attivi) e addirittura a Rivalta è possibile incontrare altre au pair.
Spesso, su Facebook o su forum che frequento, mi vengono chieste informazioni e consigli. Mi piacerebbe quindi stilare un piccolo vademecum che possa aiutare chi fosse interessato a questa opportunità.
La prima importantissima valutazione riguarda le esigenze familiari. Bisogna avere ben chiari i motivi per cui si richiede la presenza di un au pair. Serve un aiuto domestico? Una  baby sitter? Oppure state cercando di portare avanti con i vostri figli un progetto di bilinguismo o di apprendimento delle lingue?
Nella mia esperienza, ahimè, è impossibile riunire tutte queste caratteristiche in una sola persona.
Noi desideriamo ovviamente che i nostri figli imparino inglese ma che abbiano anche delle solide basi in francese  dato che soggiorniamo per lunghi periodi in Costa Azzurra.
Il compromesso che abbiamo trovato è quello di prendere una ragazza anglofona in inverno e una francofona d'estate.
So però che la maggior parte delle famiglie vorrebbe orientarsi su una madre lingua inglese.
Le ragazze anglofone sanno di essere richiestissime e di avere i più ampi margine di trattativa quindi aspettatevi di dover prevedere una paghetta più  alta e di non vederle muovere un bicchiere in casa.
In più, in genere, sono ragazze molto giovani, tipicamente alla prima esperienza fuori casa, per cui effettivamente non hanno la più  pallida idea di cosa comporti la gestione casalinga.
Sempre riferendomi  al mio vissuto, le ragazze anglofone rifuggono come una malattia esantematica le famiglie:
1) numerose
2) con bambini piccoli.
La prima volta in effetti ho cercato vanamente di aggiudicarmene una.
Dopo la prima esperienza la ricerca diventa più  facile perché avere le referenze di una precedente au pair è  un ottimo biglietto da visita.
Le ragazze provenienti da paesi meno richiesti invece mettono sul piatto della bilancia la disponibilità ad accollarsi una parte dei lavori domestici.
Le vostre aspettative dovrebbero comunque essere realistiche, non vi arriverà in casa Wonder Woman o Mary Poppins e i vostri figli non diventeranno bilingue nel giro di due mesi
Insomma...decidete voi se privilegiare l'inglese o la decenza domestica.
Parlo di decenza non a caso, purtroppo non ho mai avuto la prontezza di spirito di fotografare la stanza dopo il passaggio di tre delle nostre soavi fanciulle, vi garantisco che vi avrebbe aperto scenari moooolto interessanti...e notate che noi siamo tutt'altro che la famiglia Perfettini (anzi casa nostra tende parecchio al cinghialesco simpaticamente vissuto).
Una volta stabilita la vostra priorità passate ad analizzare l'ipotetico luogo di provenienza della vostra au pair.
Io ritengo sia irrinunciabile la presenza di una madre lingua per cui mi oriento in tal senso. Per esperienza escludo le ragazze che conoscono l'italiano o lo spagnolo perché  ho visto che la tentazione di usarli per la comunicazione è  troppo forte.
Se rimanete in ambito europeo tutte le procedure saranno semplificate. Non ci sarà  bisogno di visto, ve la caverete con una semplice dichiarazione in comune o in questura e la ragazza, senza grossi rischi, potrà  fermarsi anche per un periodo molto lungo.
Per i paesi extra europei la situazione è  più complessa.
I cittadini statunitensi possono venire liberamente  in Italia con visto turistico ma poi non possono trattenersi oltre i 90 giorni. E' prevista la possibilità di ottenere un visto per motivi di studio ma è  veramente complicato.
Le persone provenienti da Canada, Nuova Zelanda e Australia invece possono, solo una volta nella vita, richiedere il visto "Working Holiday" per poter soggiornare nel territorio di Shengen per un anno.
La maggior parte degli enti  in Italia non riconosce e disciplina i contratti di scambio alla pari per cui molto è  lasciato alla singola iniziativa e alle consuetudini.
Non esiste un salario minimo delle au pair e, in questi mesi, ho potuto osservare come vi siano differenze rilevanti fra una regione e l'altra.
Se avete la fortuna di vivere a Roma, Firenze, Venezia o Milano potete permettervi di offrire di meno senza veder inficiate le vostre possibilità di aggiudicarvi una native speaker se vivete a Torino,  in provincia o in contesti rurali scordatevelo.
Generalmente l'orario lavorativo si aggira sulle venticinque/trenta ore settimanali (e anche qui le ragazze anglofone si aspettano di lavorare di meno)
Inizia a questo punto il lungo e stressante periodo della selezione. Io personalmente sconsiglio di affidarsi a un'agenzia, onestamente non ho mai visto grandi risultati.
Vi sono innumerevoli siti di ricerca per combinare la domanda e l'offerta.
Noi ci siamo sempre appoggiati su  Au Pair World e ne siamo soddisfatti.
Una volta selezionati i profili di vostro interesse cominciano i colloqui veri e propri, tipicamente tramite e-mail e Skype.
Questa è  una fase cruciale: dovete essere molto abili nel presentare al meglio la vostra famiglia e il vostro contesto abitativo e sociale SENZA MENTIRE!
Le bugie di questi tempi hanno le gambe particolarmente corte, qualunque diciottenne con un briciolo di sale in zucca è  in grado di ricercare il vostro paese su Google maps e di rendersi conto che, quella che voi avete entusiasticamente presentato come una amenissima e incantevole località, dista cinquanta minuti di tornanti dal primo centro abitato.
Idem dicasi per i vostri figli, non descriveteli come adorabili cherubini, premi Nobel e privi di corde vocali perché  correte il rischio di attrarre ragazze inesperte che sottovalutano l'onere di correre dietro a piccoli sociopatici per quattro o cinque ore al giorno.
Segnalate subito chiaramente quali sono i vostri standard minimi di ordine e igiene, può  sembrare una cosa sottintesa ma vi garantisco che non lo è se in casa sono presenti animali domestici.
Se abitate in località richiestissime potete proporre ospitalità anche se non avete una camera dedicata, in tutti gli altri casi vi vedrete rifiutati senza appello.
Descrivete dettagliatamente la sistemazione che proponete alla ragazza (foto e filmati sono sempre molto graditi) e chiarite orari lavorativi, tempo libero, frequenza scolastica e eventuale coprifuoco serale.
Se siete particolarmente ordinati o ehm... disordinati (come una famiglia di mia conoscenza) dichiaratelo perché  si sa che sono due tipi di personalità  inconciliabili tra loro.
Chiedete alle ragazze (o ai ragazzi, io parlo sempre al femminile perché  la nostra esperienza è quella, ma conosco molte famiglie che accolgono maschietti) di indicarvi quale attività  pensano di proporre ai vostri figli; le mamme più  organizzate esigono anche la stesura di schemi e tabelle di marcia, io sono troppo labile per avanzare simili richieste (e circa dieci secondi dopo avrei già  dimenticato la risposta).
Insomma, parlate, parlate, parlate...
A questo punto mi tocca darvi una notizia choccante: quando avrete selezionato la fanciulla dei vostri sogni, non ipotizzate neanche lontanamente di potervi adagiare sugli allori.
Lo sapete che lì  fuori è  una giungla? Pensate di essere gli unici a passare le serate circuendo sconosciute via Skype?
Finché  non vedete un biglietto aereo non abbassate la guardia, questa è  gioventù  abituata a tenere il piede in almeno 10 scarpe, chattano con voi, promettono eterna fedeltà  a una famiglia di Livorno,  si coccolano un infante romano e valutano le opportunità  offerte da una città  come Milano.
Ultimo consiglio: cercate comunque di non essere completamente dipendenti dalla presenza dell'au pair e di crearvi una buona rete di salvataggio.
Il contratto au pair, nel bene o nel male, non è  riconosciuto come lavoro per cui il vostro ospite non  acquisisce nessun obbligo particolare nei vostri confronti e ahimè  può  decidere di lasciarvi in tronco, magari nel cuore della notte e magari per motivi che a voi paiono futili come il desiderio di visitare un'altra città o di abitare in una posizione più centrale o di seguire il ragazzo più  bello del mondo all'altro capo dello stivale  o di iniziare una dieta vegana incompatibile con la vostra cucina o di seguire il proprio karma o le indicazioni zodiacali di chissà chi o di avvicinarsi a una qualche irrinunciabile discoteca...
Il lato positivo però è  che anche voi potete interrompere la convivenza con relativa facilità qualora le cose non dovessero funzionare.

4 commenti:

  1. Io credo che non potrei prendere mai una ragazza a vivere con me. So di non essere particolarmente tollerante quando qualcuno vive sotto il mio stesso tetto per più di una settimana.... :(

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    1. Sai che lo temevo anch'io? Invece diventa un rapporto molto spontaneo. Va detto che noi le collochiamo in mansarda, quindi un minimo di privacy rimane.

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  2. ciao! sono nuova del tuo blog... e mi sto leggendo tutti gli arretrati della fenomenologia "au pair"... veramente interessante!

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  3. Grazie Mamma Orsa. E' una bellissima esperienza in effetti ma ehm...ha i suoi lati in ombra...

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